Anno 1677: un documento notarile parla di una domus nella Villa Cella Colurnii “murata, cupata, solarata” – di mattoni, con tetto e solai – composta anche da “portico, fenilli, stabulo, portamortuua”, gli elementi strutturali della dimora rurale della Bassa. È la prima volta che compare questo termine, porta morta, la specificità assoluta della dimora del contadino della Bassa Parmense che ne definisce l’identità. Nella casa rurale i due corpi ben distinti, uno per l’abitazione della famiglia e l’altro legato alla stalla e fienile per l’allevamento dei bovini, sono collegati fra loro da un androne che attraversa tutta la larghezza dell’edificio, appunto la porta morta. L’androne è solitamente aperto, da cui “porta cieca, morta”. Il senso di questo spazio è certamente quello di rappresentare il confine e, nello stesso tempo, il legame tra le diverse condizioni di vita e di lavoro che non conoscono distinzioni nello scorrere della giornata e del tempo ciclico della realtà contadina. Prendete quattro elementi come fossero mattoncini di Lego e, unendoli, pensate allo spazio che il contadino abita quando non lavora all’aperto. Casa di abitazione, porta morta, portico, stalla e fienile; lavorate per addizione, sottrazione, integrazione e avrete le numerosissime varianti che si incontrano percorrendo le strade vicinali della Bassa, varianti alle quali si aggiungono, raramente, vezzi edilizi come elementi a torre per la piccionaia o come l’altana per stendere il bucato. L’abitazione solitamente è costituita da due piani: a piano terra si trovano la cucina e la “saletta”, al primo, la zona notte che si raggiunge con una ripida scala a rampa unica; il solaio/sottotetto – la parte più asciutta della casa – è riservato alla “dispensa a lungo termine”: qui sono conservati prodotti per uso domestico da essiccare come frutta ed altro. La cantina è anch’essa parte della casa e si raggiunge dalla porta morta, è funzionale alla produzione del vino per la famiglia. La porta morta, che può avere sopra uno o due vani, è la zona più “viva”; c’è l’abbeveratoio delle mucche, il pozzo con la pompa per attingere l’acqua e qui giocano anche i ragazzi, al coperto, tra attrezzi per uso domestico e di lavoro: è zona di transito e di permanenza nello stesso tempo. Il fienile e il portico sono l’altro grande volume del settore produttivo. L’esigenza di avere nel fienile un ambiente asciutto e ben aerato porta alla realizzazione delle “gelosie”, pareti a muratura traforata, arabeschi di pianura. Non per nulla il nome pare derivare dal fatto che si può guardare dall’interno senza essere visti dall’esterno, senza creare gelosie: le persiane in oriente hanno simili fatture. La stalla è l’ambiente più curato dal punto di vista edilizio, di solito è a due corsie laterali dove sono gli stalli degli animali mentre, al centro, il corridoio tra le due porte, verso la porta morta e verso l’esterno, è utilizzato per il lavoro di accudimento degli animali. Le particolarità costruttive di questo spazio sono molto interessanti, dalle colonne che sostengono le volte spesso a vela, al pavimento in mattoni con i cordoli per il colaticcio, alle aperture per dare aria anche con rosoni e gelosie. Spesso c’è anche un piccolo volume accessorio, staccato dal corpo della casa, un forno per il pane con il porcile sottostante, dove di solito sono messi i “suinetti”, con pollaio ed eventuale aggiunta di uno “stallino” per cavalli o attrezzi da lavoro.